Voluntary Disclosure 2015
La verità è che possono vincere tutti
Il 15 Dicembre 2014 il Parlamento ha promulgato la legge n.186, che tratta dell’emersione e del rientro dei capitali detenuti all’estero, l’inasprimento della lotta all’evasione fiscale e nuove disposizioni in materia di antiriciclaggio.
Ai più, la legge n.186 è nota per la procedura della collaborazione volontaria, anche chiamata con la dicitura inglese “Voluntary Disclosure”. E di fatto l’introduzione di questa procedura è il punto focale della legge, che ha portato benefici sia alle casse dello Stato sia ai detentori di capitali all’estero. Potremmo parlare di una win-win situation, per mantenerci sul timbro inglese della procedura.
Come possono vincere tutti? La ratio di base è che entrambe le parti hanno interesse al rientro dei capitali in patria. Lo Stato per ragioni di erario, i detentori per non sentire più il peso di agire “al di fuori dei confini della legge italiana”, con conseguenze rischiose vista la stretta sulla lotta all’evasione degli ultimi mandati di governo. Come riportato nel comunicato stampa n. 282 di Dicembre 2015, grazie alla Voluntary Disclosure è cambiato il rapporto tra il fisco e i contribuenti. Venuto meno il segreto bancario, l’obiettivo della procedura era quello di creare un ambiente di fiducia che punti alla futura crescita dell’intero sistema, agevolando i contribuenti nella dichiarazione dei propri capitali senza che vengano sanzionati nella stessa misura del passato e con l’Agenzia delle Entrate impegnata a curare una ad una le istanze in contraddittorio con i contribuenti.
La procedura prevedeva la comunicazione spontanea all’Amministrazione Finanziaria, mediante apposita richiesta, di tutte le attività finanziarie detenute o costituite all’estero, sia direttamente che per interposta persona, allegando i documenti necessari per il computo dei redditi inerenti tali attività (ossia necessari per la loro costituzione, potenziali per la loro dismissione, etc.), come indicato dal testo di legge.
Molti hanno assimilato la Voluntary ad un condono anche se non è propriamente così. Infatti, a differenza dei condoni, non è possibile “diminuire” il carico tributario tramite la voluntary: se, per esempio, l’imposta evasa è stata di 1.000€, sempre 1.000€ devo al fisco. Il vantaggio economico della Voluntary consiste piuttosto in un significativo abbattimento delle sanzioni anche mediante comportamenti “positivi” da parte del contribuente (rientro dei capitali, pagamento “anticipato” delle somme richieste, etc). Questo ha portato alla impossibilità di una stima aprioristica del costo della voluntary e ad una varianza estrema dello stesso. Si passa infatti da un 3% (del capitale) dei casi più lineari ad addirittura un 80/ 85% delle situazioni patologiche. Al quale va, ovviamente, aggiunto il costo del professionista incaricato (dal 2 al 6%).
Tuttavia gli aspetti giuridici della Voluntary non sono da sottovalutare. L’adesione alla procedura permette infatti l’emersione dei capitali e, di conseguenza, di poterli successivamente impiegare senza incorrere nel nuovo reato di autoriciclaggio oltre che sanare comportamenti passati anche penalmente rilevanti (per esempio vedasi l’utilizzo di fatture false).
L’aspetto psicologico non è poi così irrilevante. Diversi clienti dello studio che hanno aderito alla procedura hanno “confessato” il sentirsi finalmente “liberi” di passare la frontiera senza sentirsi “osservati” dal finanziere di turno.
Oltre alla carota della voluntary, però, il legislatore sta attuando una serie di manovre di accerchiamento per individuare i patrimoni occultati all’estero. E’ di poche settimane fa, infatti, la notizia che anche Panama ha accettato di fornire informazioni alle varie autorità nazionali circa i capitali depositati presso il proprio sistema bancario. Se nel 2012 (2012, non 2002) ci avessero chiesto di nominare almeno quattro paesi che mai e poi mai avrebbero accettato di divulgare informazioni circa le giacenze presso le proprie banche alle varie agenzie delle entrate, avremmo sicuramente citato Svizzera, Montecarlo, San Marino e Panama. Oggi, nel 2016, questi sono tutti paesi che hanno firmato accordi di cooperazione fiscale internazionel.
I risultati della procedura di Voluntary Disclosure sono stati resi noti a Gennaio di quest’anno, con effetti notevoli: le casse dello Stato si aspettano un gettito di 3,8 miliardi di euro, frutto della richiesta di regolarizzazione di oltre 59 miliardi e 500 milioni di euro detenuti in attività estere o detenute sul territorio italiano ma non dichiarate, per un totale di ben 129,565 istanze trasmesse. La parte preponderante di queste è rappresentata dalle disclosure internazionali, pari a 127,348 richieste sul totale citato.
Il buon risultato della procedura, unitamente alle solite esigenze di cassa, sta portando il legislatore a ipotizzare una nuova edizione della stessa nel corso del 2016.